mercoledì 14 novembre 2007

la comunicazione tra il prodotto mediale ed il suo consumatore

Come gli elementi di un prodotto mediale possono interagire a più livelli con la nostra mente

La mente umana viene colpita da ciò che esperiamo in modi diversi e complementari. Un prodotto editoriale, come un qualsiasi altro genere di prodotto, può entrare in contatto con il destinatario su tre livelli, quello viscerale, quello comportamentale e quello riflessivo (Norman, 2004). Immaginiamo un’importante rivista di moda; questa ci colpirà sicuramente per la sua copertina patinata, ricca di colori vividi, lucida alla vista e liscia al tatto. Questo è il livello viscerale, immediato ed inconsapevole, al quale una rivista del genere può toccarci, perfino attraverso il buon odore della carta. Non da meno un colpo alla pancia ci verrà dalla straordinaria bellezza della donna o dell’uomo, o del paesaggio, che hanno meritato la copertina. Il nostro sguardo verrà attirato subito da qualcosa che il lato razionale della mente non ha ancora esaminato.
Così agisce il livello viscerale, spinge subito l’attenzione verso un oggetto, per il quale la nostra attrazione (o repulsione) è inscritta nel codice genetico. L’essere attirati dalle forme levigate e lucide, dalla bellezza del corpo umano, dai colori vivaci (se potessimo chiedere ai neonati quanto gradiscono i colori vivaci, già sappiamo cosa ci risponderebbero), sono tutti elementi che l’evoluzione ha strutturato nel tempo. L’attrazione per le superfici lisce viene dalla sicurezza di non ferirsi nel toccarle, il timore innato per gli oggetti acuminati viene dalla paura di ferirsi. Sono innumerevoli gli esempi che potremmo fare. A noi interessa, però, riferirci a quella fetta di realtà che stiamo esaminando, cioè il prodotto mediale. Pensiamo ad alcuni documentari di ultima generazione, i quali utilizzano la computer grafica per dare appeal viscerale al contenuto scientifico, o pensiamo ad alcuni film del regista cinese Zhang Yimou (Hero, 2004; La foresta dei pugnali volanti, 2005), dove il colore e la spettacolarità delle scene talvolta sovrastano il contenuto narrativo. Storici, infine, sono i cartelloni di Oliviero Toscani che, in certi casi, giocano quasi esclusivamente sul livello viscerale.
Sul livello comportamentale agiscono, invece, altri fattori di un prodotto mediale, legati alla funzionalità ed agli scopi, nonché alla forma ed alla leggibilità del messaggio. Ad esempio, sempre per riferirci alla rivista di moda di cui sopra, la chiarezza espositiva dei testi, la completezza dell’informazione, l’ergonomicità dell’impaginazione, sono tutti elementi che riguardano l’utilizzo della rivista in senso stretto. Pensiamo ad un film di qualità scadente, con un intreccio mal combinato e dialoghi banali. Questo non soddisferà la funzione di sospensione del pensiero razionale che normalmente i film devono adempiere. Piuttosto ci annoierà al punto da doverne interrompere la visione. Pensiamo poi ad un manifesto che non rispetta le norme di sistematizzazione degli elementi grafici, con un lungo testo al centro e l’intestazione del committente, minuscola, messa in un angolo; il destinatario non avrà tempo di leggere il testo e non ricorderà di quale marca si tratta, due defajance che inficiano la funzione del prodotto e agiscono, quindi, sul piano comportamentale.
L’ultimo livello è quello riflessivo, il più soggetto all’azione della cultura, dell’esperienza e dell’educazione. È qui che l’idea che abbiamo di noi stessi, della nostra identità, condiziona il nostro rapporto con i prodotti mediali. Chi compra una rivista di moda, non lo fa certo per toccare la copertina o annusare l’odore di una buona carta e, quando anche la forma fosse ottima e chiara, la cosa che più interessa un lettore, e ad un fruitore in generale, è il contenuto. In questo il consumatore di prodotti editoriali deve rivedersi, deve identificarsi nel prodotto. Il consumo di un certo prodotto mediale è rappresentativo di come noi siamo. Chi compra una rivista di moda, lo fa perché vuole essere una persona aggiornata sui trend e sulle tendenze di costume. Attraverso quell’acquisto si riflette e si ribadisce un preciso modo di essere. In questo modo il prodotto mediale diviene un veicolo di affermazione dell’identità ed agisce a pieno titolo sul livello riflessivo della mente. Pensiamo a riviste come Playboy, Vogue, Rolling Stones, le quali sono diventate oggetti di culto, nel senso che i consumatori vi hanno caricato significati che vanno ben oltre la loro contingenza. Chi acquista tali riviste afferma una precisa identità. Così accade anche per il cinema o per la TV, laddove si preferiscono determinati contenuti ad altri per affermare la propria indifferenza verso il trash, o l’amore per il sentimentalismo o il gossip. Guardiamo la collezione di mp3 di una persona felicemente innamorata e quella di un single incallito, quale delle due avrà più canzoni d’amore? La risposta è ovvia.
Il livello riflessivo è quello che può, in alcuni casi, sovrastare gli altri due. Pensiamo a chi guarda film molto violenti e horrors spaventosi, esperienze visceralmente spiacevoli e paurose, ma che in quel momento danno il piacere di sentirsi impavidi, forti di stomaco, oppure pensiamo al rifiuto intellettuale di chi non consuma contenuti divertenti e pop, che attraggono l’attenzione della maggior parte delle persone, per il solo gusto di distinguersi, darsi un tono elitario. Per questo un contenuto mediale che riesce a raggiungere il piano identitario del proprio pubblico di riferimento, sarà un prodotto di successo. Riviste di successo come Vogue, Cosmopolitan, Men’s Health, Chi, Max, Grazia, Millionaire, Playboy, sono tutti prodotti che vengono acquistati, oltre che per l’interesse verso i contenuti, per il fatto che rappresentano un mondo di cui il lettore vuole far parte.

BIBLIOGRAFIA
Norman D., Emotional Design, Apogeo, Milano, .2004


Giovanni Romito

2 commenti:

Giovanni Romito ha detto...

questo è un commento di prova dell'autore

Marco ha detto...

grande giovanni, in bocca al lupo per il tuo blog