giovedì 6 dicembre 2007

CULTURA ORGANIZZATIVA, PROCESSI COGNITIVI E BUSINESS STRATEGY NELLE PMI – II

La strategia è un artefatto culturale
Presa quindi coscienza dell’importanza dei valori e della condivisione di questi, per la fioritura di un orientamento strategico strutturabile in piani, passiamo ora ad analizzare l’aspetto della formazione e sedimentazione dei valori in azienda, attraverso l’interazione ed i processi cognitivi che stanno alla base. Adotteremo, per questa parte dello scritto, un approccio ergonomico post-tayloristico, basato quindi non sull’analisi del compito e sulla visione consequenziale e lineare del rapporto tra azioni e cultura ma sul concetto di co-costruzione elaborato da Mantovani e Spagnolli (2000) in relazione alla tecnologia. Scrive Mantovani:

L’espressione “cultura aziendale”, solitamente usata in modo piuttosto vago per postulare l’esistenza di qualche aspetto comune alle pratiche di una data organizzazione, acquista nell’ottica culturale un senso preciso: significa che IBM, Microsoft, Digital, ad esempio, contengono determinate configurazioni di idee, scopi, esperienze – prodotti dalla loro storia e incorporati nello stile delle riunioni come nell’abbigliamento dei dirigenti – che il nuovo assunto si trova davanti e che può cambiare solo a patto di averli prima fatti propri.

Possiamo, infatti, vedere la business strategy come una tecnologia, nel senso più moderno e attuale del termine. La business strategy è qualcosa che, a partire dalle nostre conoscenze, e con l’ausilio dell’intelligenza individuale e collettiva, mettiamo a punto per servircene nella vita operativa.
In questo senso la business strategy è un artefatto culturale che, come tale, va sviluppato ed utilizzato all’interno di una determinata comunità di pratica, discendendo in larga misura, come abbiamo già detto dalla cultura della stessa.
Ma spieghiamo meglio il concetto di artefatto per avallare le affermazioni di poc’anzi. Un artefatto tecnologico, ma in questo caso un artefatto concettuale, cioè fatto di idee, obiettivi e cultura, è uno strumento che l’uomo mette a punto al fine di poter ottimizzare le proprie attività. Viene da sé che un’attività economica priva di un ordine di prospettiva e di obiettivi precisi sfocia nel caos e nell’indeterminatezza della decisione. Inoltre un tale tipo di attività si affiderebbe prettamente all’intuito umano (cosa che, purtroppo o per fortuna, accade spesso nella realtà) e, in mancanza dell’analisi strategica, non prenderebbe co-scienza della realtà operativa.
Ecco perché l’organizzazione, nella persona di chi la compone, si serve della strategia come artefatto a disposizione di tutti i componenti dell’organizzazione stessa. Questi, nella loro operatività quotidiana si servono del piano strategico per supportare le proprie decisioni e per rispondere alle stimolazioni dell’ambiente. In una visione objective oriented, il piano strategico è la principale fonte di entropia negativa che regola il sistema organizzativo. Ma ciò avviene solo se la business strategy viene vivificata dall’uso da parte dei componenti dell’organizzazione. Come ogni artefatto, anche la business strategy vede la sua realizzazione solo nella fattualità del suo ambiente d’uso.
Chiarito questo concetto possiamo allora porre le basi, con l’aiuto del testo di Mantovani, già citato sopra, per un’ergonomia della business strategy, che sia basata sul concetto post-taylorista di intimate technology e comunità di pratica. L’obiettivo, anche se cercato con mezzi ergonomici, è puramente comunicativo, ed è quello di capire se esistono strategie che si adattano meglio di altre all’uomo ed al suo modo di pensare e lavorare in gruppo.

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